La taratura autovelox è un aspetto controverso che solo di recente, grazie alla Corte Costituzionale ed alla Cassazione, ha assunto un inquadramento più chiaro.
L’autovelox è uno dei sistemi di monitoraggio della velocità attivo sulla rete autostradale italiana. A differenza di altri sistemi SicVe che calcolano la velocità media di percorrenza in un determinato tratto di strada, esso rileva la velocità istantanea al passaggio del veicolo. Ad ogni modo, anche l’autovelox viene utilizzato per elevare sanzioni agli automobilisti che non rispettano i limiti di velocità: in alcuni casi, però, è possibile fare ricorso ed eventualmente annullare la sanzione se la taratura autovelox non è riportata in verbale o non è stata effettuata di recente. Poiché la normativa è carente da questo punto di vista, è necessario fare riferimento ad un’ampia giurisprudenza.
Gli autovelox nel Codice della Strada
L’articolo 142 (‘Limiti di velocità’) del Codice della Strada stabilisce, al comma 6, che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento“.
In aggiunta, il Codice dispone che ogni dispositivo debba essere debitamente segnalato: “le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del presente codice. Le modalità di impiego sono stabilite con decreto del Ministro dei Trasporti, di concerto con il Ministro dell’Interno“. Di fatti, ogni autovelox deve essere segnalato dall’apposita segnaletica verticale e, dove possibile, dalla presenza di una vettura contraddistinta dai colori e dal logo del corpo che presidia la postazione di controllo.
Cos’è la taratura autovelox
Il termine ‘autovelox’ si indica un’intera gamma di dispositivi elettronici utilizzati per rilevare la velocità istantanea di un veicolo in transito. Quelli più diffusi utilizzano la tecnologia con le fotocellule o il telelaser mentre altri utilizzano una serie di telecamere o le onde radar.
In ogni caso si tratta di strumenti elettronici e digitali di precisione, in quanto in grado di acquisire informazioni in pochi millesimi di secondo. Per questo è necessario, fisiologicamente, effettuare una ‘taratura’, ovvero una verifica che dimostri come le capacità di rilevazione del dispositivo siano rimaste inalterate nel corso del tempo. Questo genere di operazione va affidata a ditte specializzate del settore che, una volta completata la verifica, attestano i risultati in un documento apposito. La taratura serve quindi ad individuare ed eventualmente correggere sfasature nel processo di rilevazione dei dati e dei riferimenti necessari a rilevare l’infrazione.
Taratura autovelox Corte Costituzionale e giurisprudenza
Quando il limite di velocità viene superato e l’infrazione è rilevata da un dispositivo elettronico, il verbale di accertamento redatto dagli agenti dell’organo accertatore deve riportare una serie di informazioni ben precise, altrimenti può essere impugnato ed annullato in virtù di un vizio di forma. Tra i dati che devono essere trascritti in verbale vi sono anche gli estremi di identificazione delle verifiche di omologazione e taratura del dispositivo elettronico mediante il quale è stata elevata la multa.
A tal proposito, va sottolineato come l’articolo 45 del Codice della Strada disponga che i mezzi di “rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione” devono essere sottoposti “all’approvazione od omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario“. Pur essendo piuttosto chiara, la normativa risulta carente, in quanto non dispone in alcun modo che tali dispositivi vengano sottoposti ad una verifica periodica.
La sentenza n. 113 depositata il 18 giugno 2015 dalla Corte Costituzionale ha riconosciuto come incostituzionale le disposizioni dell’articolo 45 del Codice della Strada. L’assunto di base è quello per cui non è possibile non verificare periodicamente il funzionamento dei dispositivi in dotazione agli agenti di polizia che si occupano delle rilevazioni della velocità.
Prima della sentenza della Corte del 2015, in base a quanto stabilito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel 2005, gli unici dispositivi soggetti a verifica periodica erano quelli installati a bordo strada ed impostati per funzionare in maniera automatica. La Corte Costituzionale non si è espressa nel dettaglio sul concetto di ‘periodicità’ ma, sulla base delle disposizioni in vigore per gli altri dispositivi, bisogna desumere che la verifica taratura autovelox debba essere eseguita su base annuale.
La taratura autovelox va indicata nel verbale
Come detto, nel verbale di accertamento vanno riportati i dati di riferimento della taratura. In caso contrario, l’utente sanzionato può fare un ricorso multa autovelox per chiedere l’annullamento del verbale.
In tal caso, la sentenza n. 32369 della VI Sezione Civile della Corte di Cassazione (13 dicembre 2018) rappresenta un riferimento giurisprudenziale ad hoc, poiché viene ribadito l’obbligo di riportare in verbale le prove dell’omologazione e taratura del dispositivo elettronico che ha permesso di elevare la sanzione.
Nel caso di specie, un automobilista aveva presentato ricorso avverso ad una sanzione, che consisteva nel pagamento di una somma pari a 345.30 euro. L’azione di ricorso si basava sul fatto che “il verbale di contestazione non indicava alcun dato relativamente alla omologazione ed alla taratura dell’apparecchio “autovelox”, ovvero si limitava ad attestare che l’apparecchiatura era stata “debitamente omologata e revisionata“.
La Corte ha accolto il ricorso. La decisione è stata motivata così: “tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento“. La sentenza ribadisce, inoltre, come le verifiche debbano avere carattere periodico e, in caso di contestazioni circa l’affidabilità del dispositivo, il giudice è tenuto ad accertare se tali verifiche siano state effettuate o meno.
La decisione della Corte stabilisce anche che una semplice dicitura (“la violazione era stata rilevata a mezzo apparecchiatura autovelox debitamente omologata e revisionata“) non è un riferimento sufficiente nel momento in cui né la Prefettura né il Tribunale sono stati in grado di comprovare in maniera precisa l’avvenuta taratura dell’autovelox. Infine, la Corte ha ritenuto che il verbale in sé non costituisse una prova sufficiente del buon funzionamento del dispositivo, poiché il documento di accertamento non riveste fede privilegiata.
Fonte immagine: https://pixabay.com/it/photos/ponte-lampione-autovelox-365938/